Osteoporosi e sport: sì o no?

Lo sport fa male all’osteoporosi oppure no?

Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) l’osteoporosi: “è una malattia sistemica ad eziopatogenesi multifattoriale, è determinata da una patologica riduzione progressiva della massa ossea e da alterazioni microarchitetturali del tessuto osseo, che diventa fragile e maggiormente esposto al rischio di frattura“.

L’osso diviene più fragile e si rigenera meno velocemente causando deficit sempre più importanti, anche se fisiologici.

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Perchè allora l’attività motoria è INDICATA nei soggetti osteoporotici?

Lo scopo principale è quello di creare una stimolazione meccanica dinamica, sufficiente ad ottenere un miglioramento della mineralizzazione ossea. Se l’osso viene in qualche maniera sollecitato reagirà in maniera positiva contrastando il processo. La letteratura più recente riconosce come miglior stimolo possibile la forza muscolare trasmessa tramite i tendini al tessuto osseo durante la contrazione, quindi esercizi isotonici a carico naturale o con pesi leggeri e a resistenza elastica.

Attenzione: per pianificare l’attività motoria in modo da mantenere l’osso “in salute”, occorre prima di tutto rispettare cinque princìpi fondamentali!

1. Specificità: l’adattamento osseo alle sollecitazioni meccaniche è principalmente locale, per cui è opportuno allenare specificatamente le regioni scheletriche da rinforzare. L’attività è efficace sulla deposizione di matrice ossea in relazione al punto di inserzione del muscolo che sta lavorando.

Ad esempio:

Rinforzare il femore nella porzione prossimale: eseguire esercizi che coinvolgano l’anca (pressa, squat, step, cammino)

Rinforzare le vertebre lombari: eseguire esercizi di estensione resistita e contro gravità del rachide

Rinforzare il polso: eseguire esercizi con gli arti superiori

Rinforzare l’anca: eseguire esercizi che coinvolgano i glutei; esercizi che coinvolgano l’ileopsoas per piccolo trocantere; esercizi che coinvolgano adduttori ed estensori dell’anca per triangolo di Ward del collo femorale.

2. Sovraccarico: gli effetti positivi sulla matrice ossea si vedono se viene aumentato progressivamente il carico meccanico, che deve essere comunque superiore ad una soglia minima efficace. Bisogna comunque considerare che un eccesso di sollecitazioni produce un osso con minore resistenza biomeccanica.

3. Valori di partenza: il maggior sviluppo di massa ossea si nota in soggetti che partono da una massa ossea minore. Va tenuto presente che il tessuto osseo si  adatta alle variazioni delle sollecitazioni in modo diverso a seconda dell’età. L’esercizio fisico è più osteogenico (stimola di più il rinforzamento osseo) durante la crescita rispetto all’età matura. Di conseguenza gli esercizi in età pre- e adolescenziale possono ridurre il rischio di frattura nella senescenza.

4. Riduzione degli effetti positivi: con l’avvicinarsi del raggiungimento della massima densità ossea si rendono necessari maggiori sforzi fisici per potere incrementarla ulteriormente.

5. Reversibilità: l’effetto osteogenico positivo legato all’attività fisica si estingue se l’attività fisica viene sospesa.

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Quali sono allora gli obiettivi per la prevenzione dell’osteoporosi?

Si distinguono in obiettivi primari e secondari a seconda dell’importanza globale degli effetti dell’attività fisica sull’osteoporosi

Primari:

  • Incremento della massa ossea
  • Stimolazione meccanica dinamica
  • Utilizzo di carichi distrettuali
  • Miglioramento della capacità aerobica
  • Irrobustimento muscolare
  • Utilizzo della forza di gravità

Secondari:

  • Prevenzione delle fratture
  • Miglioramento dell’equilibrio
  • Miglioramento della coordinazione
  • Incremento del trofismo dei tessuti molli (riduzione dell’effetto traumatico sull’osso)
  • Educazione posturale ed ergonomia

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Si possono considerare sette diversi princìpi che regolano l’attività motoria affinché questa abbia effetti benefici sull’apparato scheletrico:

  1. Affinché l’osso possa avere una risposta adattativa positiva richiede stimolazioni meccaniche dinamiche anziché statiche.
    L’attività dinamica oltre a produrre stress osteogenici intermittenti sull’osso, aumenta la secrezione ritmica di ormoni anabolici che favoriscono la risposta adattativa dell’osso stesso.
  2. Affinché l’osso possa avere una risposta adattiva positiva è richiesto un esercizio che abbia un’intensità superiore alle normali sollecitazioni. La stimolazione meccanica deve superare una certa forza di tensione, geneticamente predeterminata, per divenire osteogenica.
  3. La risposta osteogenica (mineralizzazione ossea) è proporzionale alla frequenza dello stimolo meccanico.
    La soglia di stimolazione per il mantenimento della struttura ossea è il prodotto tra la frequenza dell’esercizio e la sua intensità. L’osso viene “mantenuto” sia con stimolazioni meccaniche meno frequenti ad alta intensità, che con stimolazioni più frequenti ad una minore intensità.
  4. La risposta adattiva dell’osso è maggiore se si propongono 2 sessioni di esercizio brevi, intervallate nell’arco della giornata. Infatti, l’osso richiede un minimo di 6-8 ore di riposo per rispondere in modo ottimale ad un carico dinamico che superi la soglia.
  5. La risposta adattiva dell’osso richiede una particolare modalità di carico; le forze che lo colpiscono devono variare in orientamento ed intensità rispetto a quelle che normalmente agiscono sull’osso.
  6. La risposta adattiva dell’osso richiede un’abbondante disponibilità di nutrienti energetici. Una disponibilità inadeguata comporterebbe effetti negativi sugli ormoni con azione anabolica sull’osso.
  7. Affinché l’osso possa avere una risposta adattiva positiva all’esercizio, necessita di un’abbondante disponibilità di calcio e colecalciferolo. Questo principio è particolarmente importante prima della pubertà e dopo la menopausa.

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